giovedì 29 gennaio 2015

Marangon: ''Strappati a Bordighera i manifesti del nostro spettacolo in memoria della vittime della Shoah''
Marangon: ''Strappati a Bordighera i manifesti
                    del nostro spettacolo in memoria della vittime della
                    Shoah''

Strappati a Bordighera i manifesti di "Io c'ero", in memoria delle vittime della Shoah.
A denunciare il fatto è il regista dello spettacolo, Diego Marangon: "I manifesti che pubblicizzavano "Io c'ero" sono stati fatti a pezzi. Inoltre durante le prove, quando ci trovavamo nei camerini del Palazzo del Parco, è transitata un'auto con giovani all'interno che inneggiavano al Duce". L'increscioso episodio ha avuto luogo lo sabato scorso, 24 gennaio, giorno in cui è andata in scena la prima di "Io c'ero". 
Domani, sempre al PalaParco, la replica dello spettacolo verrà proposta agli studenti: "Credo che sia utile, anzi necessario, far conoscere ai giovani quello che è stato compiuto dai nazisti all'interno dei campi di concentramento", ha concluso Marangon.

Alice Spagnolo
26 Gennaio 2015

Gentile Redazione, trovandomi fuori sede ho appreso con rammarico, leggendo bordighera.net, delle provocazioni di ignoti a danno di 'Io c' ero', lo spettacolo rappresentato al Palazzo del Parco per la Giornata della Memoria dal Liber Theatrum cui, pubblicamente, va la solidarietà l' apprezzamento e la gratitudine di tutti i soci dell'  ANPI e mio personale.  La ragione ci spinge a rifiutare il pensiero che qualcuno possa, a 70 anni dalla Liberazione, solidarizzare col nazifascismo e i suoi orrori, come la Shoah, che hanno cambiato per sempre il modo di considerare l' umanità e la storia. Questo increscioso episodio, che fortemente respingiamo, deve però indurre i cittadini, le famiglie e soprattutto le Istituzioni pubbliche, Scuola Stato Municipalità, a vigilare e a svolgere, col massimo impegno, quella funzione didattica implicita nella loro attività, per rendere consapevoli i giovani della disumanità della dittatura e della necessità di salvaguardare nell' interesse di tutti i valori della democrazia.  A questo, nei limiti delle sue possibilità, è indirizzata l' attività dell' ANPI. Ringrazio e porgo cordiali saluti. Giorgio Loreti, presidente dell' ANPI di Bordighera.  


sabato 24 gennaio 2015

La riforma elettorale e quella del senato sono espressione e volontà di una post-democrazia. La politica – già relegata in posizione subordinata rispetto a tutto – ha lasciato spazio a quella aziendale con pessimi risultati sotto gli occhi di tutti. Ma l’Italia non è un’azienda...
Aderiamo con entusiasmo all'appello dell'ANPI . 
Come dice il Presidente ANPI Smuraglia "Noi siamo per la memoria attiva ma siamo anche la coscienza critica del Paese e i più forti difensori della Costituzione, della
democrazia, della buona politica." 

giovedì 22 gennaio 2015

27 gennaio
Nel giorno della memoria vogliamo ricordare Maria Musso Gorlero (1924-2011)


Maria nel 1944 aveva vent’anni e portava un nastro rosso tra i capelli ricci neri. Accusata di connivenza con i partigiani, è stata riconosciuta proprio per quel nastro, troppo rosso, troppo socialista. Il 2 settembre 1944 durante la festa del suo paese, Diano Arentino, viene imprigionata e deportata nel campo di sterminio di Mauthausen, da qui verrà trasferita prima al campo di Ravensbrük (numero di matricola 77377) e poi nel campo di Salzgitter. Ritornerà nel settembre 1945, dopo aver visto e subito inenarrabili orrori.
Per anni Maria, così come è successo a tanti altri deportati, non si è sentita di comunicare la sua esperienza, è riuscita a parlarne solo anni dopo attraverso i versi raccolti nel testo “Il mio granello di sabbia, per non dimenticare” da cui abbiamo tratto i seguenti:



2 SETTEMBRE 1944

Era un giorno di festa
ma nessuno cantava.
La messa
si celebrava fra poco.
La chiesetta (Sant'Antonino)
sul colle
era pronta.

Improvvisi dei passi
terribili e forti
forieri di terrore e paura.
Erano loro
erano venti
tedeschi con mitra spianati.
erano per me ignara,
quei mitra
quei passi paurosi.

I nascondigli
non poterono niente
ho pagato
senza nulla sapere
Ho pianto,
sofferto, pregato.

Son tornata
ferita, umiliata
Son tornata
spezzata di dentro
con paure
terrori, ricordi
coi vent’anni
che non ho
mai avuto





ANCORA RICORDI …
ALTRI RICORDI

Sono stanca
affaticata
forse malata.
Il pensiero
di chi non è tornato
mi strugge
non mi dà pace.
Li abbiamo lasciati nei campi …
non campi dorati
di grano
non campi

lussureggianti di verde ma campi di filo spinato

martedì 20 gennaio 2015

Nel Luglio del 1979 sono stati insigniti della Medaglia d’Oro alla Memoria 6 partigiani della Provincia di Imperia:

Felice Cascione (U Megu) di anni 25 - Venne ferito in uno scontro contro le forze nazifasciste, e rimase comunque sul posto per dirigere i suoi uomini. Per salvare un compagno si espose ai nemici e venne colpito mortalmente.

Val Pennavaira 27 gennaio 1944.

Sergio Sabatini di anni 19 - studente

 rinunciò alla licenza per partecipare con i propri compagni ad una azione di particolare importanza contro un presidio tedesco. Fu ferito due volte durante lo scontro e costretto dietro ordini del Comando a ritirarsi per l’esaurimento delle munizioni. Si offrì allora volontario per portare gli ordini ad un reparto impegnato su di un altro fronte e morì attraversando una zona scoperta.

Marco Dino Rossi (Fuoco) di anni 22 - studente
Nel corso degli scontri tra i partigiani e le linee nazifasciste fu catturato e sottoposto a torture e sevizie, malgrado la promessa di avere salva la vita, nulla rivelava che potesse tradire i suo compagni. venne infine condannato a morte.

Pigna (Imperia), 2 settembre 1944.
Imperia, 10 settembre 1944

Silvio Bonfante (Cion) di anni 23 - marittimo  

Fu ferito durante un cruento combattimento e raccolto in un ospedale da campo che venne circondato da S.S. i tedeschi preclusero ogni via di scampo e Bonfante, per non far trucidare i porta feriti e non cadere vivo nelle mani del nemico, si uccise.
Upega, 17 ottobre 1944

Roberto Di Ferro (Balletta) di anni 14 - apprendista meccanico. 

All'età di 14 anni fu uno dei ragazzi più tenaci che parteciparono alla lotta per la liberazione. Venne catturato, torturato e infine condannato a morte ma fiero della sua missione rispose : - Uccidetemi, i miei compagni mi vendicheranno – 
Pieve di Teco, 28 marzo 1945.

Franco Ghiglia (Gigante) di anni 19 - operaio

Fu volontario in una pericolosa e difficile missione contro le forze nemiche venne catturato, perché rimasto senza munizioni. Venne sottoposto alle più crudeli torture e sevizie e in segno di disprezzo sputò in faccia al suo inquisitore. Fu infine condannato a morte per impiccagione ma prima di morire ci lasciò un unico breve messaggio:"Viva l'Italia!"
Pontedassio, 5 aprile 1945

Fischia il vento è una celebre canzone popolare, il cui testo fu scritto nel settembre 1943, ovvero nei primi giorni della Resistenza, dal giovane medico ligure Felice Cascione (2 maggio 1918 - 27 gennaio 1944) per incitare il movimento partigiano.
Della banda di Cascione fece parte Giacomo Sibilla, nome di battaglia Ivan, reduce dalla campagna di Russia, ove era incorporato nel 2º Reggimento Genio Pontieri. Nella regione del Don, "Ivan" fece conoscenza con prigionieri e ragazze russe; da loro imparò la canzone Katjuša del musicista Blanter; "Ivan" la scolpì nella mente e la portò con sé in Italia, al Passu du Beu ne abbozzò alcuni versi con la chitarra insieme con Vittorio Rubicone "Vittorio il Biondo"; a questo punto intervenne Cascione che con "Vassilli", Silvano Alterisio, allora studente (tuttora vivente) e altri componenti della banda ne composero i versi.
La canzone fu intonata per la prima volta a Curenna, frazione di Vendone, nel Natale 1943 e cantata in forma ufficiale ad Alto nella piazza di fronte alla chiesa (il giorno dell'Epifania del 1944). In seguito divenne l'inno ufficiale delle Brigate Garibaldi.



Fischia il vento e infuria la bufera
scarpe rotte e pur bisogna andar
a conquistare la rossa primavera
dove sorge il Sol dell'avvenir

Ogni contrada è patria del ribelle
ogni donna a lui dona un sospir
nella notte lo guidano le stelle
forte il cuor e il braccio nel colpir

Se ci coglie la crudele morte
dura vendetta sarà del partigian
ormai sicura è la dura sorte
del fascista vile e traditor

Cessa il vento e calma è la bufera
torna a casa il fiero partigian
sventolando la rossa sua bandiera
vittoriosi, e alfin liberi siam!

Fischia il vento e infuria la bufera
scarpe rotte e pur bisogna andar
a conquistare la rossa primavera
dove sorge il Sol dell'avvenir

venerdì 16 gennaio 2015

L’ Associazione “Eppur bisogna andar”, costituita in data 26 Settembre 2013, si propone di contribuire, in sintonia con le altre associazioni presenti sul territorio, alla diffusione dei valori di uguaglianza e giustizia sociale, nati dalla Guerra di Liberazione e codificati all’interno della nostra Costituzione, che da essa è scaturita.
Le firme in calce all’Atto costituivo, allo Statuto e quelle dei nuovi soci, appartengono sia a chi ha partecipato direttamente ai fatti della Resistenza, o a parenti di partigiani, ormai scomparsi, che continuano a rivivere in questo progetto, sia a giovani che intorno agli anziani Partigiani si sono riuniti, con il desiderio di rendere sempre attuale il messaggio posto alla base del movimento di Liberazione Nazionale.




Gli associati si propongono anche di recuperare e valorizzare i luoghi che hanno visto i Partigiani della “I zona Operativa Liguria”, con particolare riferimento ai sentieri, ai manufatti ed alle zone che hanno segnato la storia ed il sacrificio di quegli uomini.
Grazie alla generosità, dettata dalla consapevolezza della memoria storica delle proprietarie, è stato donato all’associazione il casone di “Passu du Beu”, nel quale l’indimenticato Comandante Felice Cascione, “U MEGU”, ha condotto i suoi uomini sul finire del lontano 1943, lungo il difficile cammino che ancora oggi offre pace e dignità.
Questo luogo custodisce una preziosa memoria della nostra storia locale: è il riparo che vide la nascita dei versi dell’inno partigiano “Fischia il Vento”, composto dallo stesso Cascione con l’aiuto dei suoi garibaldini.





Il casone risale presumibilmente alla seconda metà dell’Ottocento e serviva nel Novecento da deposito del fieno e come rifugio in autunno e in inverno delle poche mucche dei proprietari. Una di questi, la signora Rosangela, ricorda di quando, nel primo dopoguerra, da bambina ancora prima di recarsi a scuola, andava con un bidone da 18 litri attaccato alle spalle da Duranti al “teccio”, così come viene chiamato il casone nella zona, a mungere le mucche per poi tornare col latte a Duranti da dove il lattaio di Stellanello lo recapitava ad Oneglia.
“Eppur bisogna andar” vuole operare affinché questo casone diventi un luogo aperto e vivo, simbolo della memoria e occasione di conoscenza della civiltà contadina, come riconoscimento del fondamentale aiuto che i contadini hanno dato ai partigiani. Essenziale sarà il rapporto con le scuole per “collegare l’antico al nuovo per far dialogare i due mondi, traghettando la memoria del passato” (da Spaesati di A. Tarpino ed Einaudi).



Inoltre, il cantiere del ripristino del casone e del sentiero potrebbe riunire trasversalmente giovani, pensionati, liberi professionisti, così come è già iniziato ad avverarsi, in nome dei valori civili e della cittadinanza attiva, generando un meccanismo di arricchimento culturale e sociale.